SENSIBILITÀ AL GLUTINE NON CELIACA

Fino a vent’anni fa erano considerati malati immaginari, perché nessuno specialista era in grado di dare una spiegazione ai loro sintomi. Oggi invece quasi tutti i medici concordano sul fatto che gli intolleranti al glutine esistono e sono affetti non da una condizione psicologica ma da una reale malattia: in termini tecnici, sensibilità al glutine non celiaca.

È un dato di fatto che molte persone si sentono meglio una volta eliminato il glutine dalla dieta. Questi pazienti, che non sono affetti da celiachia, a distanza anche solo di minuti dal consumo di cibi contenenti glutine possono presentare sintomi gastrointestinali simili a quelli del colon irritabile (pancia gonfia, dolori addominali, diarrea) o talora molto vaghi come malessere generale, stanchezza, cefalea, difficoltà di concentrazione, eczemi, dolori articolari. Anche molti casi diagnosticati come sindrome dell’intestino irritabile potrebbero essere ricondotti alla sensibilità al glutine non celiaca.

Numeri ufficiali non ne esistono, ma secondo gli esperti questa condizione sarebbe ben più diffusa della celiachia e potrebbe riguardare addirittura il 10% della popolazione – una persona su dieci. E oggi sappiamo anche che ciò che la determina è una anomala risposta immunitaria al grano e altri cereali affini. Non – come nella celiachia – una reazione autoimmune scatenata dai linfociti, le cellule dell’immunità acquisita; bensì un’attivazione dell’immunità innata, che scatena una risposta infiammatoria immediata. Di bassa intensità, non direttamente misurabile, ma che induce malessere.

Glutine, ma non solo
Da vent’anni a questa parte la ricerca scientifica sulla sensibilità al glutine è molto attiva, e le conoscenze sull’argomento sono in rapida evoluzione. Si allarga sempre più, ad esempio, la rosa delle sostanze alimentari potenzialmente colpevoli di questa sindrome: non solo il glutine, ma forse anche altre proteine presenti del grano, come le ATI (acronimo che sta per “inibitori dell’amilasi-tripsina”). Oppure i fruttani, piccoli carboidrati appartenenti alla categoria dei FODMAP, che essendo poco assorbiti danno facilmente luogo a fenomeni di fermentazione. Ci si sta infatti orientando a parlare non più di intolleranza al glutine ma di intolleranza al grano, proprio perché responsabili dei disturbi attribuiti al glutine potrebbero in realtà essere (anche) altre sostanze presenti nel grano.

Ma non è tutto. Esiste un’intera corrente di pensiero – di cui fa parte tra gli altri Joseph Murray, uno dei massimi esperti statunitensi di malattia celiaca – secondo cui la sensibilità al glutine dipende da molteplici caratteristiche della persona che ne soffre: infiammazione, qualità degli alimenti, eccessiva permeabilità intestinale, presenza di altre patologie e così via. Non è detto cioè che la causa sia solo il glutine, ma anche la componente infiammatoria di quell’organismo; e i fattori che influenzano la reattività del sistema immunitario sono moltissimi.

sensibilità al glutine non celiaca

La diagnosi di sensibilità al glutine
Nell’ambito della medicina ufficiale non vengono riconosciuti esami in grado di diagnosticare l’intolleranza al glutine: l’unico modo per accertare la sua presenza è verificare se la sintomatologia scompare a seguito di dieta priva di glutine.

Attenzione però: alcuni di quelli che si auto-diagnosticano una sensibilità al glutine sono in realtà dei veri celiaci e come tali vanno inquadrati e seguiti da uno specialista. Infatti solo il 40% delle persone colpite da celiachia presenta i sintomi classici (diarrea, gonfiore, perdita di peso, astenia), mentre nel resto dei casi i sintomi sono molto vaghi o addirittura, in un caso su dieci, completamente assenti – nonostante il danno a carico della mucosa del duodeno (la primissima porzione dell’intestino) che viene scoperto facendo una gastroscopia. Se si sospetta una intolleranza al glutine, quindi, la prima cosa da fare è rivolgersi al medico e fare tutti gli accertamenti per escludere la presenza di celiachia.

Se in alcuni casi chi è convinto di avere una sensibilità al glutine è in realtà celiaco, è vero anche che spesso nei suoi sintomi il glutine (o il grano) non c’entra per nulla! Uno studio italiano si è posto proprio questo problema, e ha valutato in due anni tutti i pazienti che si presentavano dichiarando sintomi collegati al glutine per capire quanti fossero celiaci e quanti con una sensibilità al glutine non celiaca. Ebbene, i celiaci sono risultati il 6,6% e quelli affetti da intolleranza la glutine il 6,9%! Nel resto dei casi, più dell’86%, le persone non avevano alcun giovamento dal seguire una dieta priva di glutine, e dunque i loro sintomi erano causati da “altro”.

La soluzione
E se si scopre di soffrire effettivamente di sensibilità al glutine, come comportarsi? La nostra opinione, supportata dall’esperienza e da studi scientifici, è che per le persone non celiache una dieta priva di glutine sia inutile, e anzi potenzialmente controproducente. In primo luogo perché potrebbe peggiorare l’intolleranza. Inoltre, se non viene pensata attentamente, rischia di diventare molto monotona (sempre e solo riso), oppure eccessivamente ricca di alimenti gluten-free confezionati, i quali essendo super processati sono inerentemente meno sani di quelli preparati in casa.

Dal punto di vista alimentare la scelta più saggia è una dieta di rotazione, che permette di controllare l’infiammazione generata dal glutine e contemporaneamente riacquistare la tolleranza. La sensibilità non è infatti una condanna a vita, ma può essere trattata. La dieta di rotazione consiste nell’alternare giorni in cui è possibile consumare glutine a giorni in cui occorre evitarlo completamente. Di norma si comincia con due giorni “liberi” alla settimana, ad esempio domenica e mercoledì; dopo qualche settimana, se i sintomi sono regrediti e il benessere è stabile, si possono gradualmente aumentare i giorni di libertà, fino ad arrivare a consumare glutine tutti i giorni tranne uno. Questa giornata settimanale gluten-free dovrà essere mantenuta sempre, in modo da evitare futuri sovraccarichi.

E poi, dal momento che il cibo come abbiamo visto non è l’unico fattore che determina la sensibilità alimentare, via libera a tutto ciò che può aiutare a ridurre l’infiammazione sistemica e a ripristinare una corretta permeabilità intestinale. La dieta non deve essere solo attenta al glutine, ma varia, sana ed equilibrata nel suo complesso, e in particolare ricca di alimenti vegetali, preziose fonti di fibre e di molecole antiossidanti. Ottima l’integrazione con probiotici, che diminuiscono l’infiammazione sia intestinale che sistemica. Ma parliamo anche più in generale di stile di vita: infatti stress, mancanza di attività fisica, sonno insufficiente sono tutti fattori che concorrono ad alterare l’equilibrio del nostro sistema immunitario.

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