In Italia i celiaci sono oltre 200.000: per loro non esiste una cura, l’unico modo per evitare seri danni intestinali è eliminare rigorosamente il glutine dall’alimentazione. Ma forse tra qualche anno la situazione sarà diversa. Gli scienziati stanno infatti lavorando a un farmaco che potrebbe curare la celiachia e dunque permettere ai soggetti celiaci di abbandonare la dieta senza glutine.
Per capire di cosa si tratta facciamo un passo indietro e vediamo in che modo si sviluppa la malattia celiaca.
Il glutine è un complesso formato dalle proteine presenti nel grano e in alcuni altri cereali: kamut, farro, orzo, segale, spelta, triticale (ibrido tra grano e segale) e avena. Tra le diverse proteine che compongono il glutine (nel grano ad esempio sono più di 50) un ruolo particolare lo giocano le gliadine: sono loro che conferiscono all’impasto di farina e acqua la sua plasticità, e sono anche le responsabili della malattia celiaca.
Cosa succede quando un soggetto celiaco ingerisce glutine?
Teoricamente tutte le proteine che ingeriamo dovrebbero essere completamente digerite, cioè “smontate” fino ad ottenere singoli aminoacidi che poi vengono assorbiti a livello dell’intestino tenue. Nella pratica però non sempre questo avviene. Le gliadine ad esempio contengono un componente fatto di 33 aminoacidi che resiste alla digestione e può attraversare intatto la parete dell’intestino tenue, arrivando in contatto con le cellule immunitarie che risiedono intorno al lume intestinale. E qui cominciano i problemi.
A causa di una particolare caratteristica genetica, infatti, il sistema immunitario delle persone celiache riconosce il componente di 33 aminoacidi della gliadina come una sostanza dannosa: scatena quindi contro di esso una risposta infiammatoria, attuata dai linfociti T, che in realtà non fa altro che danneggiare l’intestino stesso. Allo stesso tempo i linfociti B producono particolari anticorpi (anti-gliadina, anti-endomisio e anti-transglutaminasi) la cui presenza nel sangue permette di diagnosticare la sindrome. La celiachia rientra quindi tra le cosiddette patologie autoimmuni, poiché consiste in una reazione immunitaria dell’organismo contro se stesso.
Ad oggi non esiste cura per la celiachia: l’unico modo per evitare danni è una dieta rigorosamente priva di glutine, che rappresenta per i pazienti un grosso peso a livello sia sociale che economico. Ma è in via di sviluppo un farmaco che promette di curare la celiachia, ripristinando la tolleranza immunitaria al glutine.
Di cosa si tratta?
Il nuovo farmaco consiste in nanoparticelle contenenti gliadina, proprio la sostanza verso cui il sistema immunitario dei celiaci è intollerante. Ma il “guscio” che ricopre la gliadina le permette, come un cavallo di Troia, di entrare nell’organismo senza mettere in allerta le difese. Una volta iniettate nel sangue, le nanoparticelle vengono catturate dai macrofagi – cellule-spazzino che raccolgono e distruggono tutti i rifiuti in cui si imbattono. I macrofagi le digeriscono, trovano la gliadina nascosta all’interno e la presentano al sistema immunitario come sostanza innocua. La conseguenza è che la risposta immunitaria diretta contro la gliadina si spegne e l’organismo torna a tollerare il glutine. Le nanoparticelle hanno riprogrammato il sistema immunitario.
A che punto è la ricerca
Il nuovo farmaco, per ora denominato CNP-101, è stato dapprima sperimentato sui topi, nei quali ha significativamente ridotto i segni di attivazione dei linfociti T contro la gliadina, di infiammazione e di danno al tessuto intestinale. Sono quindi cominciati gli studi clinici di fase 1, per verificare la sicurezza del preparato, e a seguire quelli di fase 2, per testarne l’efficacia sui pazienti celiaci. I risultati sono stati presentati a un importante convegno di gastroenterologia, l’UEG Week, tenutosi l’anno scorso a Barcellona: i pazienti trattati con CNP-101 che hanno ricominciato a mangiare glutine hanno mostrato, rispetto ai pazienti non trattati, una riduzione della risposta infiammatoria del 90%! La ricerca quindi continua con gli studi di fase 3, che ampliano il numero di pazienti coinvolti nella sperimentazione e sono gli ultimi necessari prima dell’approvazione di un nuovo farmaco.
Non solo celiachia
Un aspetto ancora più interessante di questa scoperta è che la medesima tecnologia di CNP-101 – nanoparticelle contenenti un allergene – può teoricamente essere applicata ad altre patologie autoimmuni e allergiche, come la sclerosi multipla, il diabete di tipo 1 o le allergie alimentari. Anche in questo senso la ricerca va avanti!
Per approfondire: linfociti, anticorpi, macrofagi… Abbiamo parlato del sistema immunitario e del suo funzionamento in QUESTO ARTICOLO.
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