LA FEBBRE FA BENE?

La febbre fa male oppure fa bene? È meglio abbassarla o lasciarle fare il suo corso? Gli studi scientifici ci aiutano a prendere una decisione.

Quando ci ammaliamo di un’infezione il nostro corpo reagisce in due modi distinti. Anzitutto scatena un’infiammazione localizzata nell’area dell’infezione: ad esempio il naso/gola o i polmoni in caso di infezione respiratoria, oppure la vescica o i reni in caso di infezione urinaria. Poi dà luogo ad una risposta sistemica (cioè che riguarda il corpo nel suo complesso) che a grandi linee è sempre uguale indipendentemente dal tipo di infezione, e che i medici chiamano reazione di fase acuta. La febbre ne è il segnale più distintivo. Oltre alla febbre, la reazione di fase acuta comprende altri sintomi che conosciamo molto bene (dolori muscoloscheletrici, sonnolenza, apatia, perdita di appetito) ma anche cambiamenti a livello microscopico di cui non ci rendiamo conto, come l’aumento dei globuli bianchi nel sangue, la riduzione dei livelli di ferro, la produzione di specifiche sostanze come la proteina C-reattiva.

Tutte queste reazioni sono prodotte e regolate dal sistema immunitario, non dal germe responsabile dell’infezione, e fanno parte dei nostri meccanismi di difesa. Per esempio sentirci stanchi e non avere voglia di far niente, nemmeno di mangiare, ha l’obiettivo di tenerci al sicuro, farci risparmiare forze in modo che il corpo possa concentrarsi sul combattere l’infezione, e anche di isolarci dagli altri per minimizzare le possibilità di contagio. Ridurre i livelli di ferro nel sangue è un modo per sottrarre ai germi questo preziosissimo nutriente. La proteina C-reattiva e le altre proteine prodotte durante la reazione di fase acuta aiutano i globuli bianchi nel loro lavoro. E così via.

E la febbre? Anche la febbre fa bene?

La febbre è un meccanismo antichissimo

La febbre come reazione alle infezioni è un fenomeno presente in una grandissima varietà di esseri viventi. Non solo gli animali a sangue caldo (mammiferi e uccelli), ma anche molti a sangue freddo (rettili, anfibi, pesci, crostacei, insetti…) riescono ad alzare la loro temperatura corporea in risposta a un’infezione – questi ultimi, non essendo capaci di termoregolazione, per raggiungere lo scopo si spostano semplicemente in una zona più calda. C’è persino il caso delle api che, quando un germe patogeno invade la colonia, innalzano la temperatura dell’intero alveare battendo le ali.

Il fatto che la febbre sia presente in animali così diversi tra loro fa supporre che sia comparsa in un loro antenato comune dai 300 ai 600 milioni di anni fa, e che si sia poi conservata durante tutta l’evoluzione. E il fatto che si sia conservata per un così lungo periodo è la prova che si tratta di una strategia utile: in pratica, che la febbre fa bene.

Gli effetti positivi (e non) della febbre sull’organismo

Oggi sappiamo che gli effetti positivi della febbre, come vale per tutti gli altri meccanismi immunitari, hanno un certo costo per l’organismo, ovvero che la febbre ha i suoi pro e i suoi contro.

Per scaldarsi il corpo deve incrementare il proprio metabolismo: innalzare la temperatura corporea di solo 1°C richiede infatti un aumento metabolico del 10%. In pratica, quando abbiamo la febbre il nostro motore “va su di giri”.

Di conseguenza:

  • la richiesta di ossigeno aumenta
  • aumenta la frequenza respiratoria
  • il cuore batte più velocemente
  • per far fronte alle maggiori richieste energetiche il corpo utilizza le proteine e i grassi accumulati, e quindi comincia a demolire i propri stessi tessuti.

Dall’altro lato la febbre esercita due importanti effetti positivi per un organismo che sta lottando contro un’infezione: contribuisce in modo diretto ad eliminare i germi patogeni, e stimola l’azione delle difese immunitarie.

Cominciamo dal secondo effetto. È ben dimostrato che la febbre migliora in diversi modi la funzionalità delle cellule immunitarie, cioè dei diversi tipi di globuli bianchi. Ad esempio nei neutrofili e nei macrofagi, che rappresentano la prima linea di difesa dell’organismo, aumenta la capacità di muoversi per raggiungere il sito dell’infezione, di fagocitare i germi e di ucciderli. Stimola la produzione di anticorpi, necessari per attivare la seconda linea di difesa, quella rappresentata dai linfociti; e di interferoni, le nostre più potenti difese contro i virus.

Fondamentalmente tutte le attività immunitarie sono potenziate dalla febbre, perché queste attività si sono evolute per funzionare in modo ottimale alle temperature tipiche della febbre e non a quelle di base. Con una piccola riserva: tutto questo vale finché la temperatura rimane sotto i 41°C, perché oltre questa soglia gli effetti sul sistema immunitario sono opposti. Una temperatura così alta è molto rara: può verificarsi in qualche caso di infezioni particolarmente gravi, o più spesso in caso di colpo di calore.

febbre fa bene

L’effetto della febbre sui patogeni ha bisogno di una spiegazione. Se infatti alcuni germi sono sensibili alle temperature tipiche della febbre, la maggior parte al contrario prolifera ugualmente bene a 37°C come a 39 o a 40. Bisogna però considerare che la temperatura effettivamente sperimentata dai patogeni è più alta di quella che misuriamo con il termometro, perché nel sito dell’infezione è attiva una condizione infiammatoria che può aumentare la temperatura locale anche di diversi gradi. La febbre quindi, probabilmente, dà quella spinta in più necessaria affinché il calore arrivi a danneggiare i germi.

L’inconveniente è che a tali temperature anche le nostre cellule possono essere danneggiate: il che è positivo se si tratta ad esempio di cellule infettate da un virus, un po’ meno se si tratta di cellule sane. La scommessa dell’organismo è di riuscire a sopportare i danni meglio dei germi patogeni: e di solito è così.

Dunque la febbre esercita senza dubbio azioni utili a combattere l’infezione, però a un duplice costo: al corpo viene richiesto uno sforzo aggiuntivo, e i danni collaterali nel sito dell’infezione potenzialmente aumentano. Se un organismo in buone condizioni riesce a far fronte a tutto ciò senza troppi problemi, un organismo debilitato (ad esempio perché le sue funzioni cardiache o polmonari sono compromesse da malattie preesistenti o dall’infezione stessa) potrebbe invece trovarsi in difficoltà.

Tutto questo in linea teorica. Ma esistono dei dati concreti che ci dicano cosa succede durante un’infezione se abbassiamo la febbre oppure se non la abbassiamo?

Studi sui benefici della febbre

Sì, esistono studi scientifici che possono aiutarci a capire se davvero la febbre fa bene e se è meglio abbassarla o non abbassarla.

Cominciamo dagli esperimenti, poi diventati classici, compiuti negli anni ’70 e ’80 sulle iguane del deserto. Dopo essere state infettate con un batterio, le iguane vengono lasciate libere in un ambiente dotato di lampade riscaldanti. Tutte tranne una si espongono alle lampade per aumentare la propria temperatura; quella che non lo fa è l’unica per cui l’infezione ha un esito fatale. In un esperimento simile, dopo avere infettato le iguane viene loro somministrata aspirina (curiosamente, l’aspirina ha un effetto antipiretico anche per gli animali a sangue freddo, perché inibisce i comportamenti attraverso cui cercano di riscaldarsi): l’aspirina previene la febbre in 7 animali su 12, e questi muoiono tutti, mentre gli altri cinque sopravvivono.

Veniamo ora agli esseri umani. In caso di raffreddore si è visto che l’assunzione di aspirina o paracetamolo riduce la produzione di anticorpi, aumenta i sintomi e tende a prolungare la malattia. In caso di infezione intestinale dovuta al batterio Shigella, da uno studio è emerso che maggiore era la temperatura dei pazienti e più breve era il decorso. Mentre in un gruppo di bambini con varicella quelli trattati con paracetamolo hanno impiegato più tempo a guarire dalle lesioni cutanee.

Nei casi, come questi, di infezioni relativamente lievi bloccare la febbre può forse rendere un po’ più lenta la guarigione, ma non sembra avere effetti molto importanti sul decorso della malattia. In questi casi vanno considerate soprattutto altre conseguenze dell’uso dei farmaci antipiretici e antinfiammatori: ad esempio il fatto che eliminare la febbre rende più difficile accorgersi tempestivamente di eventuali complicanze, oppure che la persona, sentendosi meglio, tenderà a uscire di casa contribuendo alla diffusione del virus o del batterio. E naturalmente non dobbiamo dimenticare che i farmaci hanno effetti collaterali.

Se l’infezione è più severa l’utilità della febbre può essere maggiore in proporzione. Per esempio nei pazienti con polmonite l’utilizzo di antinfiammatori non steroidei, come l’ibuprofene, è risultato associato a complicazioni come empiema (raccolta di pus intorno ai polmoni) e ospedalizzazione più prolungata.

Ci possiamo infine chiedere se non ci siano casi in cui lasciare che la febbre faccia il suo corso sia pericoloso. Ad esempio i bambini, specie se a rischio di convulsioni. In realtà negli ultimi anni i pediatri si sono allontanati dall’utilizzare gli antipiretici a scopo preventivo, dal momento che si è visto che questi farmaci non riducono il rischio di convulsioni (e che queste, comunque, sono quasi sempre innocue).

Oppure i malati in condizioni molto gravi. A questo proposito sono stati effettuati diversi studi sugli effetti della febbre e della sua soppressione nei pazienti con batteriemia, setticemia, oppure ricoverati in terapia intensiva. In linea generale i risultati suggeriscono che nemmeno in questi casi gravi la febbre abbia effetti negativi, e possa anzi aumentare il tasso di sopravvivenza. Di fatto l’unica condizione per cui è scientificamente ben dimostrato che la febbre deve essere abbassata sono le lesioni cerebrali acute.

La febbre fa bene

Concludendo, la febbre è una risposta che l’organismo mette in atto per difendersi dalle infezioni, dal momento che potenzia le funzioni immunitarie e contribuisce a eliminare i germi patogeni. I dati scientifici che abbiamo a disposizione ci dicono che solo in rarissimi casi la febbre (se si mantiene <41°C) può danneggiare l’organismo, mentre di norma ha effetti positivi che possono andare dal velocizzare lievemente la guarigione delle infezioni più leggere come il raffreddore, ad aumentare il tasso di sopravvivenza nei pazienti in condizioni critiche.

Fonti scientifiche

Wrotek, S., LeGrand, E. K., Dzialuk, A., & Alcock, J. (2021). Let fever do its job: the meaning of fever in the pandemic era. Evolution, medicine, and public health9(1), 26-35. https://doi.org/10.1093/emph/eoaa044  

Hasday, J. D., Fairchild, K. D., & Shanholtz, C. (2000). The role of fever in the infected host. Microbes and infection2(15), 1891-1904. https://doi.org/10.1016/S1286-4579(00)01337-X

Ray, J. J., & Schulman, C. I. (2015). Fever: suppress or let it ride?. Journal of thoracic disease7(12), E633. https://doi.org/10.3978/j.issn.2072-1439.2015.12.28

Ti è piaciuto questo articolo? Allora fallo leggere anche ai tuoi amici!
Condividilo sui social e metti un “mi piace” al nostro profilo!

Condividi Articolo