OBESITÀ E INFIAMMAZIONE

L’obesità viene ormai considerata una vera e propria malattia. Malattia alla cui base c’è una infiammazione cronica di basso grado. In questo articolo analizziamo il collegamento tra obesità e infiammazione, e le conseguenze per la salute.

Secondo le stime più recenti, attualmente circa un terzo della popolazione mondiale è in sovrappeso oppure obesa: quasi due miliardi di persone, cifra che è raddoppiata rispetto agli anni ’80. E in Italia le cose vanno anche peggio rispetto alla media mondiale: 35% degli adulti in sovrappeso e 10% obeso, il che significa che quasi la metà degli italiani adulti (il 45%) sono in eccesso ponderale.

A rendere il quadro ancora più preoccupante c’è il fatto che l’età di esordio del problema si abbassa sempre di più, coinvolgendo in modo importante bambini e ragazzi. Tutto questo ha gravi conseguenze sulla salute, perché per le persone obese aumenta considerevolmente il rischio di sviluppare patologie serie, tra cui diabete, malattie cardiovascolari e diversi tipi di cancro.

Ma perché l’obesità è così nociva per la nostra salute?

Negli ultimi vent’anni i ricercatori hanno gradualmente compreso che alla base dell’obesità vi è uno stato di infiammazione. Non l’infiammazione acuta che conosciamo bene e che compare, ad esempio, quando subiamo un trauma oppure abbiamo un’infezione. L’infiammazione legata all’obesità è un’infiammazione silenziosa, che non provoca sintomi evidenti e di cui pertanto non ci accorgiamo. Ma nel tempo può causare gravi danni.

obesità e infiammazione

Il grasso non è tutto uguale

In effetti non è tanto il peso in sé che conta. La cosa veramente importante è in che modo il grasso corporeo è distribuito. Esistono infatti due tipi di grasso, completamente diversi tra loro: il grasso viscerale e il grasso sottocutaneo.

Il grasso viscerale è quello che si accumula in profondità nella cavità addominale, intorno agli organi, e che conferisce all’addome un aspetto gonfio e duro. Mentre il grasso sottocutaneo si localizza, come indica il suo nome, sottopelle e lo troviamo sparso un po’ dappertutto: fianchi, parte bassa della schiena, glutei, gambe, braccia…
La persona con una prevalenza di grasso viscerale avrà probabilmente una silhouette “a mela”, mentre quella con una prevalenza di grasso sottocutaneo è più facile che abbia una forma del corpo “a pera”.

Il grasso sottocutaneo non è particolarmente nocivo. Anzi averne una certa quantità è un fattore positivo. Infatti le cellule (adipociti) di questo tipo di grasso producono alcune sostanze dall’azione benefica, ad esempio l’adiponectina che ha proprietà antinfiammatorie, aumenta la sensibilità all’insulina e protegge i vasi sanguigni. Tutte funzioni che, come vedremo, tendono a contrastare gli effetti negativi del grasso viscerale.

L’infiammazione e le sue conseguenze

Il grasso viscerale è un’altra cosa. Sotto l’impulso di una dieta ipercalorica, gli adipociti che lo compongono producono sostanze che richiamano in questo tessuto un gran numero di cellule immunitarie (principalmente macrofagi, ma non solo). Queste cellule si trovano in un costante stato di allerta, e a loro volta producono una quantità di sostanze infiammatorie che poi entrano in circolo ed esercitano i loro effetti sull’organismo intero.

Ecco dunque l’infiammazione di cui parlavamo. Nasce all’interno del grasso viscerale, e le sue conseguenze si fanno sentire in tutto il corpo.

Quali sono queste conseguenze?

Le sostanze infiammatorie prodotte dalle cellule immunitarie hanno molti effetti. In condizioni normali dovrebbero servire all’organismo per difendersi dalle infezioni e riparare i danni ai tessuti. Ma in questo caso determinano disfunzioni metaboliche e circolatorie, ad esempio insulino-resistenza e impossibilità dei vasi sanguigni a dilatarsi e dunque ipertensione. E compare la sindrome metabolica, ossia quella condizione (caratterizzata appunto da eccesso di grasso viscerale, insulino-resistenza, ipertensione e dislipidemia) in cui il rischio di sviluppare diabete o malattie caridovascolari è particolarmente elevato.

Oltre al fatto che l’infiammazione cronica che caratterizza l’obesità è, purtroppo, uno dei fattori che possono predisporre all’insorgenza di tumori.

L’insulino-resistenza poi, oltre a creare molti problemi a livello cardiocircolatorio e non solo (ne abbiamo parlato dettagliatamente qui), ha un ruolo particolarmente importante anche perché promuove un ulteriore aumento di peso. Si crea quindi un vero e proprio circolo vizioso:

obesità infiammazione insulino-resistenza circolo vizioso

Obesità e infiammazione: come affrontare la situazione

Anzitutto non è detto che, anche se sei in una condizione di sovrappeso o obesità, la tua salute sia a rischio. Esistono persone obese in ottima salute, mentre viceversa si stima che il 5-10% dei soggetti con sindrome metabolica siano normopeso. Anche una persona normopeso, infatti, può avere un eccesso di grasso viscerale; oppure può avere troppo poco grasso sottocutaneo, e quindi produrre quantità troppo piccole di sostanze benefiche come l’adiponectina.

Per comprendere un po’ meglio la tua situazione, quindi, oltre all’indice di massa corporea conviene prendere in considerazione anche la circonferenza vita, o ancora meglio il rapporto tra circonferenza vita e circonferenza fianchi. Quest’ultimo indicatore infatti ci dà un’idea del rapporto tra grasso viscerale e grasso sottocutaneo; gli studi suggeriscono che, quando è maggiore di 0,90 per gli uomini e di 0,85 per le donne, il rischio di diabete e malattie cardiovascolari aumenta sensibilmente.

Se un’analisi un po’ più approfondita fa pensare che ci sia in effetti un eccesso di grasso viscerale, con tutti i rischi che questo comporta, l’obiettivo è ovviamente perdere peso. Considera che perdere anche solo una decina di kg può ridurre in modo importante i livelli di infiammazione associati all’obesità, e di conseguenza migliorare anche i valori della pressione e del colesterolo.

Ma forse ancora più importante che perdere peso è contrastare direttamente l’insulino-resistenza.

In che modo?

L’alimentazione è il primo e fondamentale aiuto. Non deve trattarsi necessariamente di una dieta affamante, anzi è meglio che sia solo leggermente ipocalorica: in caso contrario l’organismo mette in atto una risposta di stress che, come vedremo, tende ad aumentare l’insulino resistenza, e quindi si ottiene l’effetto opposto a quello sperato. Il punto più importante è che il piano alimentare sia pensato specificamente per ridurre l’indice glicemico dei pasti. Occorre, sostanzialmente, tagliare molto gli zuccheri semplici, sostituire i carboidrati raffinati con quelli integrali, e accompagnarli sempre con proteine e verdure. Preferire piccoli pasti frequenti per mantenere maggiormente stabili i valori di glicemia e insulinemia. Infine, molta attenzione ai cibi industriali! Un più abbondante consumo di prodotti di glicazione avanzata, infatti, è associato a maggiori livelli di insulino resistenza.

Anche l’attività fisica ha un ruolo fondamentale, pari se non superiore a quello dell’alimentazione. Non ha solo l’effetto ovvio di aumentare il consumo di calorie favorendo il dimagrimento, ma è dimostrato che aumenta direttamente la sensibilità all’insulina delle cellule muscolari. Sono sufficienti 150-180 minuti alla settimana di attività moderata, come una camminata a passo veloce, per recuperare la sensibilità all’insulina.

Forse sarai sorpreso di sapere che lo stress e la mancanza di sonno sono tra i primi fattori che influenzano l’insulino resistenza. Un eccesso cronico di cortisolo, l’ormone dello stress, causa infatti insulino resistenza, mentre basta una sola notte di sonno insufficiente perché il mattino successivo la risposta all’insulina sia sensibilmente peggiore. Gestire lo stress e dormire a sufficienza è quindi importantissimo.

Il digiuno intermittente, da praticare sotto la supervisione medica, è anch’esso un’utile strategia per combattere l’insulino resistenza.

Importante ricordare anche che più zuccheri introduciamo e più aumenta il nostro fabbisogno di magnesio, mentre d’altro lato un insufficiente apporto di questo minerale aumenta il rischio di sviluppare insulino resistenza. Una integrazione di magnesio, dunque, è sicuramente da prendere in considerazione per tutti quelli che soffrono di insulino resistenza.

Esistono poi alcuni rimedi naturali che possono aiutare a contrastare l’insulino resistenza. Tra questi c’è la Gymnema, contenuta nel nostro DIMACTIVE.

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