L’invecchiamento del tessuto vescicale espone le persone anziane a un maggior rischio di infezioni urinarie. Un nuovo studio mostra che il D-Mannosio sarebbe in grado di “ringiovanire” la vescica.
Le infezioni urinarie rappresentano un problema di salute molto diffuso e significativo tra gli anziani: sono infatti le infezioni batteriche più comuni nella popolazione anziana, sia tra le persone indipendenti che vivono a casa propria sia nei soggetti istituzionalizzati.
Il rischio di sviluppare un’infezione urinaria aumenta con l’età, sia per le donne che per gli uomini. Si stima che, passati i 65 anni, soffra di questa problematica una donna su dieci; proporzione che arriva a quasi una su tre dopo gli 85 anni. Gli uomini, tra i quali in età più giovane le infezioni urinarie sono molto più rare che nelle donne, da anziani arrivano a soffrirne quasi quanto la popolazione femminile.
Estremamente comune è anche la batteriuria asintomatica, cioè la presenza di batteri nelle urine ma senza alcun sintomo. Negli anziani la distinzione tra batteriuria asintomatica e infezione urinaria vera e propria può essere difficile, e richiede una cura particolare. Infatti al contrario delle persone più giovani, in cui i sintomi della cistite sono in genere inconfondibili, gli anziani spesso hanno una sintomatologia più lieve e sfumata e meno specifica. Possono essere sì presenti i sintomi tipici (necessità di urinare molto spesso, bruciore/dolore alla minzione, pesantezza/dolore al basso ventre), ma anche, o solo, sintomi come sonnolenza, mancanza di appetito, confusione mentale. Comprendere se ci troviamo di fronte ad una autentica batteriuria asintomatica è essenziale perché, al contrario delle infezioni urinarie, questa condizione non necessita di alcuna terapia: anzi l’assunzione di antibiotici può peggiorare la situazione e trasformarla in un’infezione sintomatica.
Infezioni urinarie negli anziani, perché sono così frequenti
Ma perché gli anziani soffrono così spesso di infezioni urinarie?
Rispetto alle donne giovani, in cui molto spesso le cistiti sono legate ai rapporti sessuali, negli anziani i fattori di rischio sono diversi. Sia negli uomini che nelle donne la presenza di incontinenza urinaria o fecale predispone allo sviluppo di cistiti, mentre se si utilizza un catetere urinario la batteriuria asintomatica è praticamente inevitabile e anche il rischio di infezioni aumenta notevolmente. Gli anziani poi hanno più spesso difficoltà a svuotare completamente la vescica (gli uomini per colpa dell’ipertrofia prostatica, le donne per problemi di prolasso), e se l’urina ristagna i batteri hanno agio di moltiplicarsi. Anche il diabete, che aumenta parecchio il rischio di infezioni urinarie, è più frequente negli anziani.
Ma tutto questo non spiega completamente il fenomeno delle infezioni urinarie negli anziani. Anche in assenza di fattori di rischio specifici, infatti, resta il fatto che la vescica, come tutti gli altri tessuti, invecchia, e l’invecchiamento la rende di per sé maggiormente suscettibile alle infezioni.
Come cambia la vescica con l’invecchiamento
Recentissimamente, un team di ricercatori del Baylor College of Medicine di Houston ha condotto uno studio per comprendere i cambiamenti che avvengono nella vescica con l’età, e come questi influenzino la suscettibilità alla cistite. Sappiamo infatti che l’invecchiamento comporta una perdita generale della capacità dell’organismo di mantenere l’omeostasi, e uno degli aspetti principali di questo processo è l’inflammaging, cioè uno stato di infiammazione cronica di basso grado che si sviluppa con l’età. Ma in che modo l’inflammaging si declini specificamente a livello della vescica non era mai stato indagato.
Per comprenderlo, i ricercatori hanno analizzato le vesciche di topi femmina anziani confrontandole con quelle di esemplari più giovani. Hanno scoperto che, con l’età, le cellule della vescica perdono la capacità di eliminare i propri componenti danneggiati attraverso un processo essenziale per il funzionamento cellulare chiamato autofagia. Allo stesso tempo le naturali difese antiossidanti si indeboliscono, permettendo l’accumulo di radicali liberi.
Questa situazione porta le cellule a inviare segnali di allarme al sistema immunitario, generando appunto l’infiammazione cronica di basso grado che abbiamo menzionato. La mucosa vescicale comincia così a esfoliarsi: un meccanismo che normalmente serve a eliminare i germi, ma che in questo caso viene erroneamente attivato dall’infiammazione e dallo stress ossidativo, anche senza infezioni. Alo stesso tempo il tessuto invecchiato fatica a rigenerare le cellule perse, creando discontinuità nella barriera protettiva della vescica, che la rende più vulnerabile ai batteri e alle sostanze tossiche presenti nell’urina.
Questo fenomeno è stato osservato anche nelle donne in menopausa, suggerendo che meccanismi simili siano coinvolti nell’invecchiamento della vescica negli esseri umani.

Dopo aver esaminato le caratteristiche di una vescica invecchiata, i ricercatori hanno indagato se essa risponda diversamente alle infezioni urinarie. Per farlo, hanno infettato i topi con Escherichia coli, il batterio più comune nelle cistiti. I risultati hanno rivelato due aspetti interessanti:
- Maggiore infiammazione: La vescica degli animali anziani, già in uno stato di infiammazione cronica, si infiamma ulteriormente durante l’infezione rispetto a quella dei topi più giovani.
- Minore capacità difensiva: Allo stesso tempo, la vescica degli animali anziani è meno efficace nel contrastare i batteri, poiché si formano più colonie batteriche intracellulari (se non sai cosa sono le colonie batteriche intracellulari, leggi qui). Questo porta a un aumento delle recidive nelle settimane successive alla prima infezione.
In questo modo, è stato identificato un meccanismo che spiega perché gli individui anziani sono più propensi a sviluppare infezioni urinarie ricorrenti.
D-Mannosio, un anti-age per la vescica
Abbiamo parlato spesso del D-Mannosio e della sua efficacia nel contrastare in modo naturale le cistiti. Fino ad oggi si riteneva che questa fosse l’unica proprietà del D-Mannosio. Ma lo studio di cui stiamo parlando porta un’importante novità.
Gli autori lo hanno somministrato a topi anziani attraverso l’acqua da bere. È cruciale sottolineare che in questo caso l’obiettivo non era trattare infezioni urinarie (gli animali non presentavano cistiti attive né erano stati esposti a E. coli) bensì verificare se questo rimedio naturale sia in grado di interagire, oltre che con i batteri, anche con le cellule della vescica.
Dopo soli 14 giorni di trattamento, le analisi hanno rivelato alcuni effetti molto interessanti:
- Ripristino dell’autofagia: le cellule della vescica hanno recuperato la capacità di eliminare i propri componenti danneggiati.
- Riduzione dell’infiammazione: i marcatori di infiammazione sono diminuiti in modo evidente.
- Miglioramento della mucosa: l’esfoliazione del tessuto vescicale si è ridotta, avvicinandosi ai livelli osservati nei topi giovani.
Questi risultati suggeriscono che il D-Mannosio abbia un effetto “ringiovanente” sulla vescica. E, sebbene non sia stato testato direttamente, possiamo ipotizzare che tali cambiamenti siano in grado di normalizzare la risposta alle infezioni, ridurre le recidive e persino prevenire altri disturbi urinari legati all’età.
Rimangono però domande aperte: sarà necessario confermare questi effetti nell’essere umano, e chiarire i meccanismi d’azione del D-Mannosio. Una cosa è certa: questa sostanza mostra proprietà ben più ampie e promettenti di quanto si credesse, aprendo nuove frontiere nella ricerca sull’invecchiamento.
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Fonti scientifiche
Rowe, T. A., & Juthani-Mehta, M. (2013). Urinary tract infection in older adults. Aging health, 9(5), 519-528. https://doi.org/10.2217/ahe.13.38
Joshi, C. S., Salazar, A. M., Wang, C., Ligon, M. M., Chappidi, R. R., Fashemi, B. E., … & Mysorekar, I. U. (2024). D-Mannose reduces cellular senescence and NLRP3/GasderminD/IL-1β-driven pyroptotic uroepithelial cell shedding in the murine bladder. Developmental Cell, 59(1), 33-47. https://doi.org/10.1016/j.devcel.2023.11.017
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