IL PROBIOTICO AMICO DEL FEGATO

Quasi non passa giorno senza che nuovi studi scientifici confermino l’importanza del microbiota intestinale, e scoprano sue funzioni inaspettate. I ricercatori hanno ormai capito che gli effetti dei batteri residenti nell’intestino non si limitano all’intestino stesso: il microbiota infatti è in grado di influenzare a distanza organi come fegato, pancreas, cuore e persino cervello.

Oggi vogliamo parlare di una nuova ricerca che ha chiarito in che modo il microbiota può interagire con il fegato, e ha scoperto un probiotico che protegge la salute di quest’organo importantissimo. Scopriamo i dettagli!

Il fegato: una centrale di biotrasformazione

Il fegato rappresenta una sorta di filtro tra l’intestino e il resto dell’organismo. Le sostanze ingerite e poi assorbite a livello intestinale – che si tratti di nutrienti, farmaci o altro – prima di entrare nella circolazione generale e quindi essere distribuite a tutto l’organismo devono attraversare il fegato. Qui possono andare incontro a diverse trasformazioni. Se si tratta di xenobiotici, cioè sostanze estranee (alcol, farmaci, additivi e inquinanti alimentari…), l’organismo ha l’obiettivo di eliminarle il più rapidamente possibile: a questo scopo nel fegato subiscono una serie di biotrasformazioni che le rendono maggiormente idrosolubili, evitandone l’accumulo e favorendone l’eliminazione – che poi avverrà tramite le urine, le feci, il sudore, eccetera.

Questa attività epatica di biotrasformazione viene a volte definita “detossificazione”, perché molte sostanze tossiche (sia introdotte dall’esterno che prodotte dal nostro metabolismo, come l’ammoniaca) vengono disattivate grazie al lavoro del fegato. Il termine però è fuorviante: non sempre infatti le sostanze trasformate sono meno tossiche di quelle originali. È il caso ad esempio del paracetamolo (Tachipirina): dopo essere stato ingerito arriva al fegato, dove viene trasformato – metabolizzato – in una sostanza molto più tossica, in grado (se in quantità eccessiva) di danneggiare il fegato stesso. La terapia per l’avvelenamento da paracetamolo consiste nel somministrare per via endovenosa elevate dosi di antiossidanti, che proteggono le cellule epatiche dai danni.

i probiotici possono proteggere il fegato

L’importanza degli antiossidanti

Che si tratti di molecole presenti negli alimenti, o prodotte dal nostro stesso organismo, oppure – come nel caso del paracetamolo – di metaboliti, il fegato è particolarmente esposto ai danni da sostanze tossiche, proprio perché è il luogo in cui queste vengono “lavorate”. Gli antiossidanti sono le sostanze che proteggono il fegato da questi danni. L’organismo produce antiossidanti suoi propri, che non a caso a livello epatico sono particolarmente abbondanti; tuttavia se la concentrazione di sostanze tossiche è eccessiva gli antiossidanti endogeni non riescono a gestirle, e il fegato, rimasto indifeso, si ammala.

Ma cosa accadrebbe se fossimo in grado di stimolare l’organismo a produrre antiossidanti in maggior quantità?

Probiotici e antiossidanti

E qui entrano in gioco i batteri intestinali. In uno studio pubblicato di recente, i ricercatori della Emory University di Atlanta, Stati Uniti, hanno confrontato topi normali e topi privi di batteri intestinali e si sono resi conto che la quantità di antiossidanti endogeni presenti nel fegato è molto maggiore quando i topi hanno un normale microbiota intestinale. Questo significa che in qualche modo i batteri intestinali sono in grado di aumentare le difese antiossidanti epatiche. Ma come?

Per rispondere a questa domanda i ricercatori hanno somministrato ai topi il probiotico Lactobacillus rhamnosus (presente anche nel nostro prodotto NATURAFLORA PLUS). Questo batterio fa parte del normale microbiota intestinale umano. La sorprendente scoperta è stata che L. rhamnosus produce una piccola molecola, denominata acido 5-metossi-indolacetico, che dall’intestino viaggia fino al fegato e qui attiva la produzione di sostanze antiossidanti. Se in seguito vengono somministrate ai topi elevate dosi di paracetamolo, questo surplus di antiossidanti è in grado di proteggere il fegato dai danni che altrimenti subirebbe.

Gli scienziati hanno quindi concluso che la produzione di antiossidanti a livello epatico (e dunque in definitiva la salute del fegato) è almeno in parte regolata dai lattobacilli normalmente presenti nel nostro intestino, e può essere aumentata somministrando L. rhamnosus. La prospettiva è che questo probiotico possa essere utilizzato per prevenire o rallentare la progressione di malattie come la steatoepatite non alcolica, l’epatite alcolica e il carcinoma epatocellulare.

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