SALE E PRESSIONE: UNA QUESTIONE COMPLESSA

Lo sanno tutti: per ridurre la pressione sanguigna bisogna mangiare meno sale. Ma è proprio così?

Quando pensiamo al rapporto tra sale e salute a tutti noi viene in mente una parola: ipertensione. Ma, esattamente, quale relazione intercorre tra il sale e la pressione sanguigna? E dobbiamo davvero preoccuparci di quanto sale consumiamo?

Sale: una sostanza preziosa

Cominciamo con un chiarimento importante: il sale è indispensabile per la nostra vita. I due elementi che lo compongono, sodio e cloro, all’interno dell’organismo compiono funzioni vitali: permettono la trasmissione degli impulsi nervosi e la contrazione muscolare, regolano l’equilibrio dei fluidi, il cloro – sotto forma di acido cloridrico – fa parte dei succhi gastrici, il sodio è coinvolto nell’equilibrio acido-base, aiuta a secernere i succhi digestivi e controlla l’assorbimento intestinale. Questo può spiegare perché, a differenza di quanto avviene per la maggior parte delle altre sostanze nutritive, il nostro intestino assorbe praticamente tutto il sale che introduciamo con l’alimentazione (i reni poi ne eliminano una quota variabile in base alle necessità): si tratta, in poche parole, di un elemento prezioso.

Si pensa che la dieta dell’uomo primitivo fosse molto povera di sale: tra 0,1 grammi e 1 grammo al giorno. Come riferimento, un cucchiaino corrisponde a circa 5 grammi. Per milioni di anni il problema dei nostri antenati è stato, se mai, consumare sale in quantità sufficiente!

Oggi siamo passati all’estremo opposto. Non esistono più difficoltà nell’approvvigionamento di sale e la maggior parte della popolazione mondiale ne fa un uso larghissimo: il consumo medio è stimato intorno ai 10 grammi al giorno, quindi da 10 a 100 volte quello della preistoria.

sale e pressione - saliera

Gli studi scientifici hanno dimostrato che sia un consumo troppo basso che un consumo troppo elevato di sale sono collegati a una maggiore insorgenza di patologie, in particolare cardiovascolari, e a una minore aspettativa di vita. Come spesso accade, la virtù sta nel mezzo. Ma nella nostra società mangiare troppo poco sale è praticamente impossibile, mentre un suo consumo eccessivo è stato associato a una problematica seria: l’ipertensione arteriosa.

Sale e pressione sanguigna

Pressione alta: questo è il rischio che a tutti noi viene in mente quando pensiamo al sale. L’ipertensione, cioè una pressione sanguigna troppo elevata, non è di per sé una malattia, ma aumenta considerevolmente la probabilità di sviluppare patologie cardiovascolari (che a loro volta sono la prima causa di morte nel mondo) e renali: tanto che l’OMS la considera il fattore di rischio di mortalità numero uno. Insomma, si tratta di una cosa seria.

Tutte le società mediche nazionali e internazionali ci ammoniscono, per prevenire l’ipertensione e mantenere in salute cuore e arterie, a diminuire il consumo di sale. Quello che non sempre viene detto, però, è che la correlazione tra sale e pressione alta vale solo per alcune persone. Esistono infatti i soggetti “sensibili al sale”, nei quali un elevato consumo di sale aumenta la pressione sanguigna e un basso consumo di sale la diminuisce; ma esistono anche i soggetti “resistenti al sale”, la cui pressione non è minimamente influenzata da quanto sale consumano. Ed esistono persino soggetti che hanno una “sensibilità inversa al sale”: cioè se riducono il consumo di sale la loro pressione, invece di diminuire, aumenta!

sale e pressione- misurazione pressione

È quindi chiaro che la sensibilità al sale è una caratteristica soggettiva, non universale. Sarebbe auspicabile che ognuno sapesse in quale categoria rientra, in modo da regolare la sua alimentazione di conseguenza; ma purtroppo le cose non sono così semplici. I medici non sanno ancora con esattezza cosa causi la sensibilità al sale, e nemmeno quanto sia diffusa nella popolazione, poiché non esistono metodi semplici per diagnosticarla.

Da uno studio condotto negli Stati Uniti è emerso che il 72% del campione analizzato era resistente al sale, il 17% sensibile e l’11% inversamente sensibile. Da questi dati la resistenza al sale sembrerebbe la norma, mentre la sensibilità e la sensibilità inversa avrebbero frequenza paragonabile. Bisogna però considerare che la ricerca ha coinvolto solo 185 persone, quindi non è possibile trarne conclusioni generali. Più affidabile sembra la stima che circa la metà delle persone ipertese sia sensibile al sale.

Pressione, non conta solo il sale

Da tutto questo si può comunque trarre la morale che, forse, consigliare a tutta la popolazione indiscriminatamente di mangiare poco sale non è la strategia più saggia per prevenire l’ipertensione. SE sei iperteso e SE la tua pressione risponde al consumo di sale, allora sicuramente ha senso attenersi alla quantità raccomandata dall’OMS, che è di 5 grammi (un cucchiaino) al giorno. Chi consuma elevate quantità di sale, scendendo a questi livelli può diminuire la sua pressione di 4-5 mmHg: un cambiamento non eclatante, ma senza dubbio utile.

Bisogna però tenere presente che l’ipertensione è una problematica complessa, influenzata da molti fattori: predisposizione genetica, obesità, sedentarietà, stress, tipo di alimentazione in senso generale, uso di alcol e tabacco… Questo significa che, quando ci si rivolge alla popolazione generale a scopo preventivo, sembra più ragionevole puntare su altre misure, altrettanto efficaci e che inoltre assicurano molti vantaggi aggiuntivi: e cioè aumentare il consumo di frutta e verdura (ricche di potassio, che controbilancia gli effetti del sodio), eliminare alcol e fumo, tenere sotto controllo il peso, ridurre lo stress, fare attività fisica. Si tratta insomma di avere uno stile di vita sano a 360 gradi.

Fermo restando che con il sale, come con ogni altra cosa, è bene non esagerare!

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