ASSORBIMENTO E METABOLISMO DEL FERRO

In questo approfondimento entriamo nel dettaglio dei processi che regolano l’assorbimento e il metabolismo del ferro.

Il ferro è uno dei minerali presenti nell’organismo in quantità più elevate. È infatti un componente chiave dell’emoglobina, che trasporta l’ossigeno nel sangue per veicolarlo dai polmoni a tutte le cellule del corpo, e della mioglobina, che rifornisce di ossigeno i muscoli. È proprio la presenza di ferro che rende possibile a entrambe queste proteine legarsi con l’ossigeno.

Non solo: il ferro interviene anche nella sintesi del collagene, ed è necessario per l’attività di molti enzimi e quindi perché possano verificarsi le reazioni biochimiche da essi catalizzate (tra cui quelle, fondamentali, che costituiscono la respirazione cellulare).

Mentre nelle giuste quantità il ferro è indispensabile per l’organismo, se in eccesso diventa molto nocivo. Il suo accumulo nei tessuti infatti è altamente tossico, e anche in quantità inferiori può creare problemi in quanto stimola la formazione di radicali liberi. Ecco perché l’organismo maneggia il ferro con grande cautela, regolandone attentamente il metabolismo.

Ferro eme e non eme

Negli alimenti, il ferro è presente in due forme che vengono assorbite con meccanismi diversi: ferro eme e ferro non eme.

L’eme è una piccola molecola che contiene al suo interno un atomo di ferro, grazie al quale è in grado di assorbire ossigeno. Fa parte di alcune importantissime proteine del corpo, tra cui le già citate emoglobina e mioglobina. Per “ferro eme” si intende in effetti l’intera molecola eme, con al centro il suo atomo di ferro (v. figura).

ferro eme
Gruppo eme. Al centro, in violetto, è indicato l'atomo di ferro.

Il ferro eme si trova solo nei cibi di origine animale; la fonte più ricca è la carne, dove circa il 40% del ferro presente è in forma eme.

Il “ferro non eme” al contrario è semplicemente un atomo di ferro, e più precisamente uno ione, cioè un atomo dotato di carica elettrica. Può avere una doppia carica positiva (nel qual caso si definisce ione ferroso e si indica con Fe2+) oppure una tripla carica negativa (ione ferrico Fe3+).

La maggior parte del ferro che ingeriamo con l’alimentazione è di tipo non eme: tutto quello presente nei cibi vegetali e il 60% di quello presente nella carne.

Assorbimento del ferro – prima fase

Per passare dal lume intestinale al sangue, attraverso il quale verrà distribuito all’intero organismo, il ferro deve attraversare lo strato di cellule che formano la parete intestinale: gli enterociti. Lo fa penetrando all’interno degli enterociti e poi uscendo dall’altra parte. La prima fase dell’assorbimento, ossia l’ingresso del ferro negli enterociti, è diversa per il ferro eme e quello non eme:

Ferro eme

Dopo essere stato scorporato dalla proteina in cui era contenuto, l’eme entra negli enterociti così com’è, tutto intero, passando attraverso una “porta” (trasportatore) dedicata specificamente al suo assorbimento e chiamata HCP1. L’assorbimento del ferro eme avviene nella primissima parte dell’intestino, il duodeno.

All’interno degli enterociti l’eme viene smantellato e l’atomo di ferro che contiene viene estratto. Da questo punto in poi il metabolismo del ferro eme è il medesimo di quello non eme.

Ferro non eme

Nello stomaco, il ferro non eme viene anzitutto scorporato dagli alimenti che lo contengono, processo favorito dall’acidità gastrica. Arrivato nel duodeno si trova principalmente in forma ferrica, che però non è assorbibile. Per poter essere assorbito il Fe3+ dev’essere trasformato in Fe2+ e questa reazione, catalizzata da uno specifico enzima (ferro-reduttasi) presente sulla mucosa intestinale, necessita la presenza di vitamina C. Dopodiché, il ferro entra all’interno degli enterociti grazie a una “porta” specifica per il trasporto di ioni metallici dotati di doppia carica positiva, il trasportatore DMT1.

Oltre che nel duodeno, il trasportatore DMT1 è stato individuato anche nell’ultima parte dell’intestino tenue e nel colon, perciò l’assorbimento del ferro non eme è possibile lungo tutto il tratto intestinale.

Assorbimento del ferro – seconda fase

Il ferro esce dagli enterociti all’interfaccia con i vasi sanguigni attraverso un trasportatore specifico detto ferroportina. Questo è un momento fondamentale nel metabolismo del ferro, perché l’organismo può intervenire per regolarlo in base alle proprie esigenze.

Il nostro corpo infatti non è in grado di eliminare più o meno ferro in caso, rispettivamente, di eccesso o di carenza; l’unica cosa che può fare è regolare il suo assorbimento. E lo fa principalmente attraverso l’ormone epcidina, che ha l’effetto di “chiudere” la ferroportina e quindi ridurre la quantità di ferro che dagli enterociti viene riversato nel sangue. Quando nel corpo è presente ferro in eccesso la concentrazione di epcidina aumenta, e quindi l’assorbimento del ferro diminuisce; il ferro non assorbito rimane all’interno degli enterociti, che nel giro di soli due giorni esauriscono il loro ciclo vitale, si staccano dalla mucosa e vengono eliminati con le feci. Viceversa quando serve più ferro l’epcidina diminuisce, con la conseguenza di aumentare l’assorbimento del ferro.

metabolismo ferro

Trasporto e accumulo del ferro

A questo punto gli ioni Fe2+ stanno uscendo dagli enterociti per entrare nel torrente circolatorio. È fondamentale che vengano subito intercettati dalla transferrina, la proteina deputata al loro trasporto: se restassero liberi nel sangue potrebbero infatti dar luogo alla formazione di pericolosi radicali liberi. Ma prima di potersi legare alla transferrina devono essere di nuovo trasformati in Fe3+, del che si occupa un enzima (ferrossidasi) localizzato all’interfaccia tra enterociti e vasi sanguigni.

Ogni molecola di transferrina può trasportare al massimo due atomi di ferro, e in media ne trasporta uno. Tutte le cellule dell’organismo possiedono recettori a cui la transferrina si aggancia, per scambiare ferro con la cellula. Se questa ha bisogno di ferro, la transferrina glielo cede. La maggior parte del ferro in circolazione viene portato al midollo osseo, che ne utilizza ogni giorno grandi quantità per produrre l’emoglobina di cui i globuli rossi sono ricchi.

Ma la transferrina può anche assorbire ferro dalla cellula. Questo accade principalmente a livello del fegato, che rappresenta il maggiore deposito di ferro dell’organismo. All’interno delle cellule il ferro (che, lo ricordiamo, non deve mai restare libero) viene immagazzinato dalla ferritina: un grande guscio che può contenere fino a 4.500 atomi di ferro.

Riciclo del ferro

Il metabolismo del ferro è un processo estremamente efficiente: in condizioni normali solo una piccolissima percentuale di questo minerale viene eliminata dall’organismo, ossia quella presente nelle cellule morte che si staccano dall’epidermide e dalla mucosa intestinale (oltre, nelle donne, a quello presente nel sangue mestruale). Questa è l’unica quota che dev’essere ripristinata con l’alimentazione.

Tutto il resto (cioè il ferro presente in tutte le altre cellule morte e in particolare nei globuli rossi, che ne contengono la gran parte) viene riciclato. La cellula non più funzionante viene degradata dai macrofagi, gli “spazzini” dell’organismo, che recuperano il ferro e lo conservano, per rimetterlo poi in circolo.

Ciononostante può capitare che l’assunzione di ferro con l’alimentazione non basti a bilanciare le perdite e si verifichi una carenza di questo minerale, il cui segno principale è l’anemia. Questo accade principalmente nelle donne che hanno mestruazioni molto abbondanti, oppure durante la gravidanza o l’allattamento, quando l’organismo richiede più ferro perché deve coprire anche il fabbisogno del bambino, o ancora in presenza di emorragie, anche pressoché invisibili come può essere un leggero sanguinamento gastrointestinale.

Molto più raro, invece, è il sovraccarico di ferro. Questo disturbo del metabolismo del ferro si manifesta per lo più in persone che soffrono di emocromatosi o di malattie a carico dei globuli rossi.

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